Orchi e minestre: la tradizione della zuppa a Sauris

Orchi e minestre: la tradizione della zuppa a Sauris

Autore: Dott. Domenico Isabella, antropologo e saggista

«Unt zel onze de baiber mohet kouchn unt crocn / mime bilt vaste as ot chebn in ghesmoh / inder kraut iota ghemohet mitn pertcn / as oze ghemohet sen staign in Orcul af doh ».

Traduzione: «Poi hanno fatto cucinare e pasticciare le donne / con grasso selvatico che dava il sapore / la jöta di crauti con zampe d’orso [pastinaca sativa] / che faceva [veder] salire l’Orco sul tetto»).

Con queste parole, espresse con ironia, il poeta cita gli ingredienti di base della pietanza principale saurana, la minjöstra; infatti crauti, erbe selvatiche (pértocn; letteralmente: zampa d’orso) e grasso di qualche sorta erano, il minimo indispensabile per poter mettere assieme una zuppa; il riferimento all’Orco, invece, allude al fatto che quella zuppa era tanto scarsa di principi nutritivi che poteva provocare delle visioni. La massaia saurana al momento della preparazione del pasto disponeva solo di alcune materie prime locali: di solito utilizzavano i prodotti del luogo meno pregiati, e poveri di nutrimento come cavoli cappucci, erbe selvatiche e strutto o il suo surrogato locale, la “mochade”.Gli altri, quelli esclusi dal “menù”, erano destinati alla vendita o, meglio, al baratto con quelle materie prime indispensabili che dovevano essere importate da altre zone.

Gli ingredienti della “minjöstra

I crauti

Una verdura che non mancava mai dalle tavole saurane erano i cavoli cappucci (Brassica oleracea capitata). Quando erano ancora freschi, venivano mangiati in insalata. Dai cappucci, opportunamente conservati con il metodo della fermentazione, si otteneva un prodotto (khràut) che veniva utilizzato in grande quantità durante l’inverno; infatti, si usava come base della minestra di tutti i giorni (khràutmjnöstra).

Per ottenere dei buoni crauti bisognava tagliare i cavoli a listarelle sottili, ricoprirli di acqua tiepida e porvi sopra un coperchio di legno e dei pesi. Dopo circa due o tre mesi potevano essere consumati.

Le erbe selvatiche

All’interno della minjöstra, oltre ai crauti, venivano messe anche altre verdure. Quando però le temperature erano ancora troppo rigide in attesa che l’orto fosse nuovamente coltivabile, i saurani andavano a raccogliere le erbe selvatiche per arricchire la zuppa quotidiana.

In primavera, ancora sotto l’ultima neve, il primo a germogliare è il tarassaco (tala), che, oltre a essere messo nella zuppa, veniva mangiato fresco in insalata o cotto e saltato in padella con pancetta (spekh). Nei fossi, vicino ai letamai, nei pressi delle case e degli stavoli cresce l’ortica (préineisl) che veniva utilizzata nelle minestre, nelle frittate e, ancora adesso, nei gustosissimi gnocchi. Lo spinacio selvatico (hàusslebeslan) era un’altra pianta selvatica che veniva (e viene tuttora) usata nelle minestre primaverili. Poi c’era l’erba del cucco o silene inflata (khére), di silene dioica (bulakhére) che veniva raccolta e utilizzata nelle minestre, nelle frittate o in padella con lardo e siero acido (sairat).

Condimenti: strutto e mochade

Le minestre, il mùes mattutino, gli intingoli, le verdure, le insalate e la pasta venivano tutte condite con lo strutto (saìn) e, in mancanza di questo, con quel surrogato che era la mochade. La mochade era un composto di strutto, grasso di altri animali da allevamento e aromi. Per prepararla il procedimento era il seguente: si ponevano sul fondo di un capace calderone delle mele e delle spezie per aromatizzare, si aggiungevano i vari tipi di grasso (vàstiges) e si lasciavano sciogliere bene; a cottura ultimata, per rendere ulteriormente più profumato il preparato, vi si cuocevano dentro delle frittelline alla menta o alla salvia (vlédlan); dopodiché si riponeva nei contenitori, che potevano essere di pietra, di terracotta, di legno, di vetro o di latta (petroliokhondln).

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