Autore: Dott. Domenico Isabella, antropologo e saggista
Nella comunità saurana conservare gli alimenti era una necessità…di cui si è fatta un’arte. Infatti, mantenere nel tempo carni, pesce o verdure significava garantirsi la sopravvivenza. Affumicatura e fermentazione divennero i metodi privilegiati per la conservazione rispettivamente di carni e verdure.
La fermentazione per conservare le verdure
Il metodo privilegiato di conservazione delle verdure per la stagione invernale era per i saurani la fermentazione. Così, cappucci, crauti, cavoli, patate potevano essere consumati tutto l’anno.
In particolare, per ottenere dei buoni crauti bisognava tagliare i cavoli a listarelle sottili con un apposito strumento detto scherbaisn, metterli in un tino (khrautschof), ricoprirli di acqua tiepida (alcuni la mettevano bollente, altri, addirittura, fredda), e porvi sopra un coperchio di legno e dei pesi; alcuni mettevano anche un po’ di sale. Periodicamente dovevano essere lavati con acqua tiepida, rimessi nel loro contenitore e ricoperti di nuovo col loro liquido di fermentazione opportunamente filtrato. Dopo circa due o tre mesi potevano essere consumati. Di solito i cavoli venivano messi a fermentare nel mese di ottobre, ed erano pronti per le festività natalizie, quando ormai le altre verdure scarseggiavano. Alcuni cappucci, quando ormai c’era la neve, venivano riposti nel klìtc* con la speranza che non avvizzissero presto e che fornissero ancora per qualche tempo della verdura fresca.
Per far sì che le patate, di solito conservate nel loro ripostiglio (klìtc*) assieme alle cipolle e all’aglio, non germogliassero anzitempo, venivano poste in una fossa e rivestita di tavole (gartufelalouch) e situata all’interno della cantina. Con tale accorgimento, essendo completamente al buio in un ambiente fresco, restavano come se fossero “novelle”.